Dallo scorso decennio si è sviluppata in Italia un’attenzione critica in particolare nei confronti dell’accesso alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale.
A seguito dell’introduzione del nuovo Piano nazionale liste d’attesa, in futuro si dovrebbero raggiungere migliori risultati, ma per il momento i numeri non sono confortanti. Secondo un’indagine condotta dall’Istituto Piepoli, il 57% degli italiani si dichiara sufficientemente appagato dai servizi del Ssn, una percentuale però in diminuzione di 8 punti rispetto allo scorso anno. Il 79% degli italiani ritiene sopratutto urgente focalizzare risorse e attenzioni sulla riduzione dei tempi di attesa per gli esami e gli interventi sanitari.
Nonostante il Ssn resti ancora il principale punto di riferimento per i pazienti italiani, il privato inizia ad essere sempre più considerato e richiesto, rischiando quindi di sostituirsi al pubblico, anziché affiancarlo. Un dato che emerge dal Report Fp Cgil, riguarda i tempi medi di attesa pubblici decisamente superiori rispetto a quelli dell’offerta privata: 60 giorni nel pubblico a fronte di 9 nell’intramoenia, 7 nel privato e 39 nel convenzionato.
Un’attesa davvero sconcertante ma il paziente, chiamato ad aspettare tempi superiori ai 30 giorni, ha il diritto di richiedere un appuntamento entro il mese in intramoenia pagando solo il ticket o un eventuale superticket, rivolgendosi al Cup (Centro unico di prenotazione) oppure all’Urp (Ufficio relazioni con il pubblico). Inoltre circa la metà delle prestazioni mediche prese in considerazione ha un costo inferiore nel privato piuttosto che in intramoenia. Insomma, non solo decorsi nettamente inferiori, ma costi competitivi, con una progressiva dilatazione della spesa out of pocket, uno degli effetti del definanziamento al servizio sanitario nazionale.
Un ultimo aspetto significativo indaga il confronto tra le regioni, mostrando lo scenario attuale della sanità pubblica italiana. Il nostro Ssn, nella sua articolata disomogeneità, ha infatti situazioni e numeri molto diversi che caratterizzano i servizi sanitari regionali.
Per la quasi totalità degli intervistati, vivere in alcune regioni comporta opportunità diseguali e grandi disparità in termini di offerte organizzative. Difatti anche se tutte le regioni sforano i 30 giorni di attesa, si mostra evidente il divario che intercorre tra il nord e il sud del Paese. La regione che eccelle è l’Emilia Romagna con una media di 39 giorni di attesa, migliori investimenti e qualità delle prestazioni mediche, mentre tra le ultime troviamo la Calabria, il Lazio e la Puglia con una media di 67-69 giorni.
Quello dei tempi di attesa rimane ad oggi un problema che si colloca tra le principali ragioni di malcontento degli italiani verso il servizio sanitario. Un sistema che mostra sempre più evidenti segni di collasso e nel quale risulta l’urgenza di investimenti straordinari, di risorse, personale, professionalità e tecnologie.